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giovedì 20 novembre 2014

Paesaggio in pericolo.

                                        Borgo del Ponente Ligure, acquarello su carta.

Trent'anni sono trascorsi dalla pubblicazione di un mio libro redatto per conto della Regione Lombardia e con la collaborazione di vari esperti come Paolo Pastonesi, Enrico Banfi, Alfredo Pollini, Aldo Zurlini ed altri, un lavoro interdisciplinare su un pezzo di territorio molto delicato a nord di Milano verso Lecco, Montevecchia e il suo circondario, titolo dell'opera edita da Electa. Quel lavoro mi è stato recentemente ricordato da un professore dell'università di Ginevra in occasione dell'uscita del mio ultimo libro, L'altro architetto, uscito a febbraio con l'editore svizzero Casagrande. Perchè vi chiederete ricordo questo testo? Semplicemente perchè è una ricerca che cercava di dare una lettura sistemica al territorio abitato, cioè l'ecumene, interpretandolo come se fosse un palinsesto da decifrare per metterne in evidenza la complessità. Questo lavoro aprì la strada alla costituzione del Parco del Curone e Montevecchia che oggi costituisce un piccolo gioiello naturalistico al centro della Brianza ma non è questo che volevo ricordare. Il nostro intento era di mostrare come il territorio italiano fosse tutto un condensato di natura e storia di estremo interesse ed una zona apparentemente anonima, indagata in profondità, potesse mostrare aspetti di grande valore tanto da farne un luogo molto visitato da un pubblico eterogeneo, così da paragonarlo al Parco di Monza per numero di presenze domenicali. In questi trent'anni, nonostante il movimento e il partito dei verdi e l'ambientalismo ormai diffuso come coscienza, non è cambiato nulla per quanto riguarda il consumo del suolo e la prevenzione dei dissesti idrogeologici. Ogni anno abbiamo almeno un 'alluvione in qualche parte d'Italia, per non parlare delle frane. La politica non è stata in grado di porre in sicurezza il paesaggio italiano. Ogni governo considera i beni ambientali come una voce di secondaria importanza e il rilancio dell'economia per forza di cose deve passare attraverso l'attività edilizia. Così abbiamo continui assalti ad un equilibrio territoriale che ad ogni temporale mostra la sua fragilità. Inutile ricordare ai nostri governanti che l'Italia è il paese con più siti dichiarati Patrimonio universale dall'Unesco e che anche il turismo culturale è una risorsa notevole per un'economia intelligente. Ad ogni nuovo governo si spera sempre che ciò accada ma si rimane sempre delusi. Anche  questo attuale formato da giovani rampanti, rottamatori di tutti, finisce per copiare i precedenti: accusano sempre gli altri e a parole risolvono tutto ma poi non fanno nulla per cambiare le cose e l'economia rimane ancorata all'attività edilizia ed alla cementificazione. E' da notare un paradosso per l'Italia: è il paesaggio più importante del pianeta da un punto di vista culturale ed ha la popolazione con meno cultura, rispetto agli altri paesi europei, uno su tre dei suoi abitanti è analfabeta di ritorno. Si legge meno che nel resto d'Europa e si investe meno nell'educazione. Gli insegnanti infatti sono i peggio pagati dell'UE. Abbiamo come conseguenza una popolazione mediamente ignorante che si lascia attrarre dalle sirene del populismo: Berlusconi giustamente diceva ai suoi che il pubblico televisivo, suo elettorato, andava considerato come un infante di dieci anni da trattare come tale. Vale a dire che abbiamo una popolazione che elegge i suoi rappresentanti con la pancia e non con la testa. Vedi dopo tangentopoli i Bossi, lo stesso Berlusconi, i Grillo e ora i Renzi. Abbiamo in sostanza i politici che ci meritiamo ma il paesaggio, che non è solo nostro, non li merita.              

martedì 4 novembre 2014

lunedì 3 novembre 2014

La casa popolare

                                         Case dei ferrovieri, acquerello su carta

Guardando le realizzazioni di edilizia popolare a Milano, a partire dalla legge Luzzatti del 1908, si ha la triste impressione che la necessità di dare la casa a masse di immigrati che negli anni ,soprattutto sessanta e settanta, si trasferivano da sud a nord  del paese, sia stata una scusa per costruire male.  Dietro quelle soluzioni massificanti si intravedono le ideologie di quegli anni che oggi, a  quaranta,cinquant'anni di distanza, mostrano tutta la loro usura e le conseguenze nefaste sulla viviblità di quei quartieri: la fiducia acritica nel progresso tecnologico e nei nuovi materiali, nella prefabbricazione pesante, nell'urbanistica dello zoning e di conseguenza della semplificazione e del riduzionismo hanno generato l'emarginazione reale e simbolica delle nostre attuali periferie. Il termine stesso "casa popolare" è un errore storico che stiamo scontando a caro prezzo. Il bisogno di casa non dovrebbe essere etichettato in base al censo o alla classe sociale e suddiviso in localizzazioni più o meno separate, questo ha determinatato   la periferizzazione di masse di cittadini che oggi siamo impegnati a combattere. Questo bisogno in teoria non dovrebbe essere oggetto di affarismo e speculazione ma al contrario avere la garanzia di soddisfazione per tutti in quanto la casa è necessaria allo sviluppo psicofisico dell'individuo. Questo si scontra con la realtà del mercato immobiliare ben lontana dalle finalità sociali e di mutuo soccorso. Il bisogno di casa invece, come si sa, fin dai tempi antichi è sempre stato oggetto di grandi speculazioni anche se il fenomeno delle periferie è un tipico prodotto della città moderna industriale: nella città antica infatti le classi povere abitavano case povere ma all'interno delle mura mescolate alle dimore dei signori di cui erano al servizio. Quest'anno sono 135 anni dalla nascita di una realtà milanese al servizio della casa, intesa come bene sociale, la Società Edificatrice Abitazioni Operaie,la prima cooperativa a proprietà indivisa per la realizzazione di case per i lavoratori. La città giardino , prevista in Porta Vittoria e realizzata solo in parte nelle casette dei ferrovieri in via Lincoln, ci riporta a tutt'altro clima. Oggi quel villaggetto appare perfettamente integrato nel tessuto cittadino ed è diventato un luogo privilegiato abitato da ricchi intellettuali. Leggendo la storia della nascita di questa società cooperativa ci si rende conto che quanto ai bisogni non è cambiato molto da  allora. Sono nati, è vero, gli IACP (oggi Aler) ma contemporaneamente è aumentata in maniera esponenziale la domanda di case a bassi costi e oggi, dopo il trasferimento delle industrie, in una tendenza alla terziarizzazione della città,le classi meno abbienti sono cambiate: oltre ad una fascia consistente prevalentemente composta da extracomunitari immigrati in grado di accedere ai bandi per le case popolari  ve n' è una più cospicua  di persone, per lo più giovani ma non solo, che non hanno un reddito adeguato per il libero mercato dell'affitto. Nel frattempo le periferie, generate dalla politica dell'edilizia pubblica anni '60 e '70 con concezioni riduttive e magniloquenti, sono sempre più invivibili.
In realtà dal puntodi vista abitativo Milano risulta una città a bassa vivibilità: a fronte di un centro che si è completamente terziarizzato con funzioni forti, uffici di rappresentanza, banche,commercio di lusso e spettacolo, dove abita una percentuale molto bassa di privilegiati si riscontra una fascia periferica, che ormai ingloba i comuni di prima cintura, dove risiede la maggior parte della popolazione, spesso in condizioni di disagio per la mancanza di servizi e di vita comunitaria. Si ha un generale degrado rispetto a quella che un tempo era una normale vita cittadina e il problema del traffico e dell'inquinamento nascono nascono proprio da questa città rfiutata. Essa, anche alla luce di una urbanologia influenzata dalla riflessione ecologica, va concepita come un insieme di sistemi interconnessi  che, come negli organismi viventi, influiscono uno sull'altro: la complessità è bellezza e tutto ciò che si semplifica decade. Non si possono separare le funzioni dell'abitare seza arrecare grave danno alla qualità della vita. Con la concezione riduttiva,  meccanicistica e massificante dei decenni scorsi oggi abbiamo il problema di periferie da riqualificare oltre che  quello di costruire nuove case.

Di questo si discuterà il 10 novembre dalle 10 alle 13 alle Gallerie d'Italia in piazza della Scala 6 a Milano. Qui sotto il programma.