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giovedì 24 settembre 2015

Dell'architettura

                                           Coldirodi, acquerello su carta

   Oggi si dice che non esiste uno stile.  Ma che cosa è uno stile ? Ecco la risposta tradizionale : lo stile è l’espressione formale di una cultura. Gli ordini classici sono stili, anzi il termine stesso si rifà alla colonna, ognuno di essi si riferisce alla cultura di popolazioni greche che li hanno prodotti. L’ordine dorico è relativo ai Dori, popolazione severa e frugale poco dedita alle sottigliezze e ai sentimenti, non cosi gli ordini ionico e corinzio. Oggi non esiste più uno stile perchè la cultura occidentale liberista ha dato via libera ad ogni espressione provocatoria manipolata dai media che hanno una funzione totalmente diversa rispetto alla fruizione contemplativa della bellezza. Cosi non esiste più una forma riconosciuta che esprime il carattere della cultura dominante. Tutti possono produrre quello che vogliono purchè abbia le caratteristiche che servono per stupire e far parlare i mass- media. Il cosidetto stile internazionale è fondamentalmente assenza di stile. E’ chiaro che la provocazione reiterata finisce pêr diventare omologazione nella categoria del brutto, inteso come superficiale e senza cura. La globalizzazione produce identiche brutture nella banalità del fine, che non è più quello di aiutare a vivere felicemente ma quello di comunicare magniloquente e si sa che grdare fa male  anche se a volte serve, ma se gridano tutti alla fine si avrà un baccano infernale e non ci si intenderà più.  Come ci si puo’salvare ? A parer mio recuperando il significato della bellezza che presuppone un rapporto diverso con la natura dentro e fuori di noi e la riedificazione della  promessa di felicità che è insita nella ricerca di armonia fra uomo e ambiente. Un ritorno al regionalismo ? Non propriamente, nel senso che in architettura si sono sempre succeduti periodi di espansione e di contrazione. Oggi abbiamo  bisogno più di riflessione e di rispetto per la natura e il contesto perchè vi è anche una revisione dell’idea di progresso che sta alla base della cultura modernista. Va superata anche la dicotomia fra classico e anticlassico : c’è bisogno di più modestia. I temi cambiano : alcuni rimangono ma vengono trattati in modo nuovo, altri si aggiungono al repertorio dell’architettura, le forme si liberano dalla dipendenza di stili passati, come è giusto, ma spesso sono frutto di manie di grandezza senza nessun rispetto per la cultura ed il contesto. La bellezza di un nuovo intervento infatti ha due componenti : la cura e l’impegno di chi progetta a non violentare  il tessuto esistente, sia pure rapportandosi per contrasto, e la disponibilità della popolazione locale ad accettare il nuovo.  Quest’ultimo fatto è legato alla dimensione  e ai tempi. Un intervento che stravolge in pochi anni  il paesaggio consolidato è vissuto come una violenza e una scarsa considerazione che lo fa apparire brutto. Nel tempo questo giudizio puo’anche cambiare perchè i segni della vita lo ricoprono di nobiltà e l’abitudine lo rende familiare. Ma se questo non succede rimane un monumento senza senso e seza vita. Resta un non luogo dove si realizzano i tre eccessi della modernità : eccesso di spazio, eccesso di tempo ed eccesso di individualismo. 

venerdì 4 settembre 2015

La giusta politica


   “Uscire da soli da un problema è avarizia, uscire insieme è politica”. Questa è un’affermazione di Don Milani ma purtroppo vi sono problemi da risolvere in solitudine e problemi comuni da risolvere insieme, è tutta una questione di livelli. La scuola di Don Milani che ha influenzato  il pensiero sull’istruzione negli anni sessanta settanta andava bene come esperimento di buona educazione , di generosità e di amore di chi la faceva ma ha dimostrato di non essere applicabile. Spesso ha dato adito al pressapochismo e alla degenerazione  della scuola di Stato in senso buonistico e missionario togliendo agli insegnanti il giusto riconoscimento come lavoratori. Lo vediamo attualmente nella vicenda delle assunzioni e dei trasferimenti dove i soggetti vengono sbattuti  a centinaia di chilometri di distanza da un computer come se non importasse un fico secco che la scuola fosse integrata al territorio. “I care”, sempre di Don Milani, è una bella affermazione ma condita con protagonismo e smania di potere ha visto anche distorsioni inaspettate, soprattutto in relazione ai mass-media e al loro potere. L’impegno allora diventa narcisismo ed egolatria.  In  politica l’esibizione dei buoni sentimenti è irritante perchè sa di falsità o di “captatio benevolentiae” che, amplificato dai media determina modelli di perfezione sotto i quali si intravede l’attaccamento al potere. Le leggi dell’equilibrio non si ingannano e ad una coscienza troppo buona corrisponde un inconscio di verso contrario. Al potere non si chiede di essere buono ma giusto e, se si vuole, creativo. Se uno vuol essere buono si ritiri in un convento oppure non lo dica a nessuno. Creativo invece vuol dire saper trasformare  i problemi in occasioni di maggior benessere sia a livello individuale che collettivo. Non vuol dire non avere problemi o scansarli e nemmeno andarseli a cercare, vuol dire abbandonarsi alla vita e affrontare quello che viene incontro sapendo che non lo puoi evitare. Oggi una  politica creativa  vede il problema dei migranti come una occasione per rivedere i rapporti fra Stati e la stessa concezione dell’Unione Europea e la sua politica. E’ importante a parer mio che si consideri il fatto sostanziale che l’Europa in settant’anni sia diventata un luogo di pace dove sono garantiti i diritti umani e venga agognata come meta da chi subisce gli effetti di conflitti e rivoluzioni violente in paesi dove la vera democrazia non è ancora arrivata. Il flusso dei profughi di conseguenza, fintanto che in quei posti ci saranno guerre, continuerà senza interruzione. E’ necessario quindi agire affinchè queste guerre cessino e la politica internazionale deve operare in questo senso  per evitare migrazioni apocalittiche. Tutto questo si ottiene anche individuando i  produttori di armi che lucrano su questi conflitti. E’ anche importante vedere che gli immigrati comunque sono necessari all’economia europea ed un certo numero non è dannoso ma anzi auspicabile. Il problema sta nello stabilirne senza isterismi e xenofobie, fomentate da demagoghi interessati, il quantitativo  e poi legalizzare il loro trasferimento senza abbandonarlo alle mafie. La fotografia del bambino morto sulla battigia ha scosso le coscenze di tutto il mondo speriamo che questo serva a uscire insieme da questo problema.