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sabato 27 febbraio 2016

Moda e arte

                                     La Santa, acquarello su carta, cm 30x40

Leggo sui giornali che la moda ha adottato l’arte ma esiste una sostanziale differenza tra le due benchè spesso la moda si definisca appannaggio dei creativi. Le mode infatti (con questo intendo tutto cio’ che fa tendenza) enfatizzano le aspirazioni collettive del momento e siccome questo è sempre intrecciato con il potere e con l’invidia di esso, e dei suoi simboli,  mettono in scena  quanto è status symbol del momento. Che poi cambia per generare nuovi consumi, a volte visti con assolutismo perchè si aspira ad un proprio potere. La moda quindi semplifica e falsa, dando malessere e frustrazione se si trasferiscono su di essa i valori della vita. La bellezza, che dovrebbe essere alla base della ricerca artistica, sta nella diversità e nella complessità perchè funzionali alla vita. La moda dunque , se viene  investita delle nostre esigenze di assoluto e la si trasforma in culto, allora diventa una droga per anestetizzare i veri bisogni di unificazione.  Alla domanda quindi in che cosa consista la differenza tra moda ed arte si puo’ rispondere che la moda è una parodia dell’arte. Mentre la vera arte pesca nella bellezza cosmica la moda cerca di costruire modelli cui aderire. Qualche volta si serve dell’arte ma mentre quest’ultima  scava in profondità e trova la natura estetica dell’essere che dà libertà ed armonia, la prima utilizza il più delle volte il fascino del potere per creare falsi modelli di perfezione e provoca asservimento se non la si prende come un futile gioco. I giovani sono esposti a questo in quanto sentono più forte il bisogno di appartenere a qualcosa di esteriore: una comunità, un paese, una squadra  ecc. Il bisogno religioso di bellezza, e quindi cioè di unità interiore, negato si degrada dunque in bisogno di aderire a modelli esteriori imposti.  Tanto più uno è diviso dentro e tanto più si attacca a modelli esterni che sono dei sostituti di unità e quindi di amore. Si potrebbe dire che la moda è inerente allo stato di coscienza ordinario, quello causale funzionale, l’arte invece è tipica dello stato di coscienza acausale, simbolico e quindi straordinario.L’arte cerca e trova, la moda cerca e, non trovando, imita. Il fenomeno della moda è più eclatante nel campo dell’abbigliamento perchè vestirsi è comune a tutti gli uomini, che bene o male soggiacciono alle mode, ma esiste anche in tutti gli altri campi tipici dell’arte e soprattutto è presente in quello che riguarda l’abitare, altra funzione connessa all’essere uomini. Di per sè imitare non è assolutamente negativo, anzi. Anche un grande poeta come Goethe difendeva l’imitazione purchè subordinata alla verità. Per cui seguire mode non è  in sè un  male, a meno che non siano palesemente distruttive o autolesive, ma come al solito tutto si complica quando viene introdotto l’elemento potere.  Se uno pensa di acquisire più potere,  quindi prestigio, e si investe il fatto esteriore di un valore assoluto la moda allora diventa competizione vitale: se riesci a seguirla sei qualcuno se no non sei nessuno. In questo caso è un fattore alienante perchè impedisce la vera crescita che è trovare il Sè, ovvero quella parte che ci mette in sintonia con il mondo e con la natura, che è essenzialmente artistica e ci dà benessere ed energia. L’arte vera infatti è sempre un’ operazione di risacralizzazione  e quindi trasfigura i mezzi materiali di cui si serve. La moda ha un fine economicistico e utilitaristico che si scontra con le esigenze ecoantropologiche di equilibrio creativo. Nell’arte i mezzi materiali diventano oggetti di culto, nelle mode vengono consumati, buttati e finiscono nelle discariche.  

mercoledì 10 febbraio 2016

La crisi dell'amicizia

                                                    Infinito, olio su tela

Aristotele distingueva tre tipi di amicizia, quella per l’utile, quella per il piacere e quella vera disinteressata per il bene comune. Oggi possiamo affermare che nella società del capitalismo avanzato e dei social-media, dove si chiede e si dà l’amicizia via internet, trionfano le prime due ma è senza dubbio in grave crisi l’ultima. Amici nella tradizione sono due persone che entrano in un rapporto di intimità e di simpatia per aiutarsi e sostenersi. Non è mai stato facile trovare un amico infatti un vecchio proverbio recita: chi trova un amico trova un tesoro, a sottolineare che un vero amico è raro. Tuttavia in una società meno competitiva, come quelle del passato,  era sufficientemente possibile, oggi nella nostra civiltà dei consumi è molto raro. E’ più raro di un rapporto d’amore. L’amicizia, quella del terzo tipo, presuppone saggezza e distacco, un ego realizzato e una buona dose di gioia fondamentale. Senza questi ingredienti si cade nell’invidia, nella gelosia e nella rabbia. Tutte emozioni negative che avvelenano l’amicizia.  Un amico è colui che prova piacere dei tuoi successi e dispiacere per le tue sconfitte e i tuoi lutti ed è pronto a darti una mano. Invece si nota che nella nostra società individualista ognuno tende sempre a misurarsi con l’amico in ragione di una specie di gara verso il successo. Questo lo impariamo presto, a scuola i primi anni ci insegnano a gareggiare nel profitto e gli insegnanti ci stimolano a questo credendo cosi di ottenere di più. Ma non è cosi. Quando insegnavo avevo adottato un metodo in cui il bravo doveva aiutare il meno bravo in un lavoro collaborativo ottenendo risultati sorprendenti.  Tutti alla fine vogliamo essere felici, realizzarci, scoprire il significato della nostra esistenza e compierlo,  desideriamo che le altre persone ci amino e ci rispettino e vogliamo sentirci sicuri. Il vero amico ha compreso questa nostra uguaglianza e non si scandalizza se in questa ricerca ci allontaniamo per un po’. Non è geloso e non prova invidia.  Accetta che ognuno ha un percorso diverso da compiere nella vita per la propria realizzazione e, cosciente del proprio, non desidera sovrapporsi a quello dell’altro, anzi è interessato a comprenderlo e sa che lo arricchisce perchè è la manifestazione dello stesso Spirito che alberga in lui e prende diverse forme. Il termine sanscrito “namastè”, che è un saluto indiano, vuol dire proprio questo: riconosco in te lo spirito che è in me. Come si potrà notare questa realtà amorosa è piuttosto rara.  A volte si diventa amici perchè si hanno gli stessi interessi e valori. Questo accade sovente in politica e fra maestri e allievi ma questa amicizia tende a finire quando l’allievo si mette a competere e vuole superare il maestro. Le virtù che reggono l’amicizia sono l’onestà, la coerenza, la stima, la dignità, l’umiltà, la compassione, la comprensione, la tolleranza e la generosità, tutti attributi lontani dalla egolatria imperante nella nostra società individualista. Questo vale anche per le coppie  nel rapporto erotico che in più hanno l’attrazione sessuale e potrebbero rientrare nelle amicizie per piacere. Infatti se non si matura una amicizia vera, con il passare del tempo e con l’inevitabile caduta del desiderio, finiscono. Per quanto riguarda le coppie etero poi si debbono superare due archetipi che dormono in ciascuno, dominano il rapporto maschio femmina e influenzano sempre la scelta del partner: il mito dell’eroe per lei e il mito della maga fascinatrice per lui. E arriviamo all’amicizia dei politici. Quella la possiamo ascrivere in generale nella categoria aristotelica dell’utile, in una mentalità dicotomica che divide la realtà in amici e nemici in funzione del raggiungimento del potere. Queste amicizie sono ovviamente transitorie e superficiali, ognuno pensa alla propria convenienza e sono pompate dai mass-media e dai sostenitori. Torniamo ad affermare che l’amicizia è una cosa seria per persone illuminate, rare oggi e soprattutto fra i politici.