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martedì 22 novembre 2016

Degli scali ferroviari a Milano

                                         Città ideale, acquarello e pastello su carta, 2006

Degli scali ferroviari a Milano


A Milano si dibatte sulla destinazione degli ex scali ferroviari e vengono proposte varie ipotesi di utilizzo con indici di edificabilità piuttosto alti in relazione alle richieste del prezzo di vendita da parte delle FS. Il solito ragionamento è questo: siccome il valore delle aree edificabili limitrofe è tot anche le FS è giusto che pretendano un corrispettivo adeguato da parte del Comune. E’ assurdo che questo accada tra due enti che avrebbero come scopo il servizio ai cittadini e il bene comune.  Pare infatti che, forti di questo ragionamento e sostenute dalla proposta della giunta Pisapia, bocciata in consiglio comunale, di un alto indice di edificabilità le FS abbiano pensato bene di affidarsi ad una agenzia che le mettesse  sul mercato.  Sarebbe opportuno ricordare alla proprietà che il valore delle aree non viene generato da loro azioni sul territorio ma dallo sviluppo che il Comune ha programmato. E’ lunga la storia della regolamentazione del valore aggiunto in urbanistica e non siamo ancora giunti alla fine in assenza di una chiara legge dei suoli. Negli anni 60 e 70 il CIMEP espropriava a prezzi agricoli i terreni per costruire edilizia convenzionata e popolare perchè la cultura dell’epoca indicava il valore aggiunto dei terreni edificabili non un diritto della proprietà ma un di più generato dalle scelte del Comune che in qualche modo attraverso gli oneri di ubanizzazione doveva tornare a lui. Non stiamo a sottolineare le storture e le deroghe a tale prassi. Ricordo per inciso il dibattito che genero’ l’istitutzione dei PPA, ovvero piani pluriennali di attuazione,  che  temporalizzavano  la realizzazione del piano regolatore in ragione proprio del fatto che  non era un diritto del privato il valore aggiunto. In seguito ovviamente  sono stati aboliti. La giurisprudenza infatti é riuscita ad avvallare il diritto dei proprietari di essere rimborsati, in caso di esproprio, al prezzo di mercato che é quello di scambio anche se il valore dipende dalle scelte del PGT. Cosi la gran parte dei proprietari espropriati ha fatto causa al Cimep e sono stati rimborsati. Siamo arrivati dunque all’uso in urbanistica della compensazione per mettere tutti sullo stesso piano, in sostanza l’esproprio è diventato una contrattazione fra il privato e il Comune, un baratto: io ti do una cosa a te tu dai una cosa a me . Questo in teoria per non generare disuguaglianze fra i vari proprietari quando la legge stabilisce che in caso di esproprio per pubblica utilità vanno rimborsati al prezzo di mercato delle aree. Tutto cio’ a livello dei privati ma qui trattandosi di enti pubblici la cosa è diversa, in buona sostanza ambedue gli enti dovrebbero avere come scopo il bene pubblico e quindi rispondere adeguatamente ai bisogni dei cittadini. Questi ultimi vanno indagati con serietà, fuori dalle diatribe dei partiti e, una volta individuati, dovrebbero fare da base alle scelte urbanistiche. Uno di sicura notorità é il bisogno di bellezza. Ora é evidente che in una città cosi densamente edificata con periferie trascurate, spesso disagiate e cosparse di non luoghi, questo bisogno si traduce in  necessità di natura e risulta pregnante anche in relazione alle sondabili richieste dei cittadini e dei comitati.  Un’altra domanda palese é quella di case a bassi costi e prevalentmente in affitto. Le cifre mostrano chiaramente la situazione, basta guardale: il numero di sfratti per morosità sempre più alto, i senza fissa dimora, il pendolarismo e i giovani obbligati a vivere nella casa dei genitori ecc. Una cosa invece di cui non si sente proprio il bisogno sono nuovi interventi speculativi in un momento in cui l’invenduto del mercato immobiliare è a livelli piuttosto consistenti. E’ inevitabile quindi suggerire, come è già stato fatto da diversi autori, la destinazione a parchi con una modesta quota di edificabile all’intorno, prevalentemente in housing sociale, inframmezzato da poca edilizia di libero mercato che servirebbe ad incamerare gli oneri di urbanizzazione e a creare quel mix sociale tanto auspicato dalla letteratura urbanistica. E’ importante sottolineare pero’, come dicevo in altro scritto, che questi parchi vengano progettati e realizzati  con cura in contemporanea con le costruzioni ai margini puntando sulla qualità altrimenti si rischia il degrado.  Questa dovrebbe essere la proposta dell'amministrazione  comunale alle FS che essendo un’azienda statale non dovrebbe comportarsi come un privato e tendere al proprio guadagno e non al benessere dei cittadini, ricordando che  il plus valore è generato dalle scelte comunali.

giovedì 10 novembre 2016

Elezioni americane

                                               Fiori allo specchio, olio su tela 2013

Poiché tutti commentano la sorpresa della vittoria di Donald Trump alla corsa per la Casa Bianca cerchero’anch’io di dare una interpretazione a questo evento. Ho già scritto su questo blog nel 2013 un post su la politica ai tempi della televisione che poi è stato pubblicato anche su Corriere online. In sostanza lamentavo nelle democrazie occidentali ipermediatiche la scissione fra i cittadini e la rappresentanza politica. In tempi in cui i mass media erano molto ridotti la elaborazione teorica avveniva nei circoli e nei salotti borghesi e trovava uno sbocco attraverso il passaparola di attivisti che si assumevano il compito di divulgare il nuovo messaggio. Basti pensare ai rivoluzionari russi piuttosto che al nostro Mazzini che dalla clandestinità influenzava l’azione di migliaia di giovani. Esisteva cioé un rapporto diretto fra la elaborazione delle idee politiche e la loro applicazione. In regime di sovrabbondanza dei media, soprattutto la televisione,che vengono manipolati da gruppi di potere interessati si ha un allargamento dell’informazione ma al  contempo un abbassamento del livello di autonomia intellettuale. In sostanza veniamo trasformati da cittadini in consumatori passivi e la politica diventa marketing televisivo, come qualsiasi prodotto di consumo.Le elezioni americane sono un esempio emblematico di quanto detto infatti i candidati investono molto in spot pubblicitari e usano a dismisura il mezzo televisivo per autopromuoversi, il sostegno di media é essenziale per la campagna presidenziale. Tutta questa organizzazione del consenso a volte infastidisce e mostra l’arroganza tipica del potere di sostituirsi in toto all’opinione reale della gente che, benchè anestetizzata, tuttavia non è stupida e qualche volta reagisce in modo imprevedibile. Nel caso suddetto Hillary aveva il sostegno di tutti i media ma ha perso proprio perchè non piaceva, troppo immersa nell’apparato, e vi è stata una sorta di ribellione al cosidetto establishement. Non è che Trump non sia un prodotto televisivo, lo è e come,  tuttavia dà l’impressione di essere più originale e fuori dalla casta politica. Interpreta insomma l’istanza di rinnovamento che serpeggia nei cuori della gente costretta a subire le decisioni più che partecipare a prenderle. E’ chiaro che ambedue i candidati non sono che burattini nelle mani dei poteri economici. Come dicevo a proposito del berlusconismo lo spirito di un’epoca trova poi il modo di incarnarsi in un soggetto che si trova nel posto giusto al momento giusto ed è spinto dalla sua divorante ambizione. Tump oggi é l’espressione di questa esigenza di più fantasia al potere, speriamo che riesca a stupirci.