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domenica 8 ottobre 2017

Dove va l'Umanitaria?


In occasione della scomparsa del presidente della Società Umanitaria Piero Amos Nannini mi viene da riflettere sulla funzione che questo Ente ha avuto nel passato e quello che il suo fondatore, Mosè Loria ,voleva che fosse. In una visione illuminista di quegli anni, fine ottocento, una certa cultura di origine massonica, credeva nella funzione educativa per dare, a chi non avesse ricevuto in eredità potere e denaro, l’opportunità, attraverso la propria intelligenza, di rilevarsi da soli.  Questo in polemica con la carità pietistica di marca cattolica che tendeva a lasciare i rapporti di potere immutati. Dunque l’educazione per i diseredati era un potente ascensore sociale che favoriva la risalita di chi, pur avendo ricevuto dalla natura buone doti intellettuali, si vedeva costretto a rinunciare ad utilizzarle per sè e per gli altri in ragione del fatto che non era in grado di esprimerle ad esempio attraverso un linguaggio appropriato o mediante la scrittura, ricordo per inciso che allora l’analfabetismo era la principale piaga dei poveri. L’Umanitaria dunque, sospinta anche dai sindaci socialisti di Milano nel primo novecento, si diede molto da fare nel settore dell’assistenza e dell’istruzione per le classi deboli, sono degni di nota fra l’altro i due quartieri modello costruiti a Milano nel 1906 e 1909, fino ad essere esempio in Europa.  Le numerose iniziative sono ben documentate nella biblioteca dell’Ente. Durante il fascismo fu ovviamente contrastata  questa sua azione e invece nel dopoguerra riprese splendore con la guida di Riccardo Bauer, antifascista al confino con Pertini, che ne prese le redini fino al 68 facendo costruire negli anni cinquanta addirittura un nuovo edificio in tardo razionalismo che voleva, come scuola di arti e mestieri,  emulare  il Bauhaus di Gropius. Il  68 fu l’annus horribilis per l’Umanitaria fondata ovviamente su un sistema di valutazione strettamente meritocratico. Bauer diede le dimissioni sulla spinta di una contestazione tanto ideologica quanto sterile e iniziò il declino. Le ultime due presidenze hanno tentato qualche rilancio, ad esempio con una università della terza età, ma non hanno a parer mio saputo interpretarne del tutto lo spirito che era quello di diventare eccellenza culturale  indipendente, per attirare le forze intellettuali più illuminate e costituire punto di riferimento per una classe politica che dice di volere l’uguaglianza ma nei fatti la nega, ammalata di protagonismo narcisistico ovvero nevrosi da potere come affermo nel mio libro L’altro architetto, non a caso ambientato in Umanitaria. Anche oggi infatti la forbice tra ricchi e poveri è più che mai larga, benchè l’istruzione sia aumentata sono apparse nuove povertà e nuove disuguaglianze che un Ente come questo dovrebbe tentare di ridurre. Le nuove disuguaglianze non sono più in relazione all’assenza di istruzione ma se mai alla crisi del sistema dell’istruzione, dalla scuola pubblica all’università di massa, che genera disoccupazione intellettuale tra i giovani privi di risorse economiche,  e alla conseguente diffusione del familismo amorale a tutti i livelli e in ogni ambito. Per arrivare a questo sarebbe necessario, in alcuni settori particolarmente in crisi, offrire valide alternative, già accade con la musica o, con Nestore, negli abbandoni scolastici ma si dovrebbe puntare più in alto come era un tempo la scuola del libro di Steiner che faceva da punto di riferimento in Italia per la grafica. Perchè non potrebbe essere l’architettura  e l’ambiente che stanno particolarmente male e costituiscono la sintesi di una società in crisi d’identità ?

mercoledì 18 marzo 2015

Della riforma della scuola di Stato

                                              Borgo ligure, acquarello su carta.

In Italia, come ho già avuto modo di osservare, ma evidentemente su questo non siamo mai smentiti dai governi della Repubblica, la scuola di ogni ordine e grado viene considerata più una remora che una risorsa. Gli insegnanti sono i più mal pagati della UE ed inevitabilmente sono anche i più impreparati. Con uno stipendio medio intorno ai 1500 Euro è normale che a tali impieghi accedano soltanto le persone che non hanno altre possibilità, quindi di bassa estrazione sociale e per lo più del sud, oppure gli idealisti o gli ingenui che ritengono attraverso la scuola di migliorare la società, come effettivamente sarebbe giusto che fosse. A questi ultimi ho appartenuto anch'io: essendo figlio di una maestra elementare che a sua volta era figlia di un maestro, fglio di un'altra maestra e così di seguito fino alla quarta o quinta generazione, ho ereditato lo spirito missionario che animava gli educatori di fine ottocento, tipo Cuore, che ritenevano giustamente che l'istruzione aiuta a migliorare le condizioni di vita di un popolo e nel caso italiano serviva a creare una identità nazionale che non esisteva.  La scuola di Stato dovrebbe quindi avere anche oggi la massima attenzione da parte dei politici e invece viene perennemente frustrata da tentativi di riforma inadeguati che dimostrano quanta poca considerazione vi sia in Italia per la formazione dei giovani e quindi per gli educatori.  Assistiamo insomma ad una sorta di mondo rovesciato dove le cose più importanti, formare degli uomini lo è, vengono relegate all'ultimo posto di attenzione e di retribuzione mentre le cose futili sono al primo posto e i governanti sono i meglio pagati di tutta Europa. Questo è scandaloso ma nessuno ci fa caso tutti presi con i miti televisivi di successo e ciò comporta  che, come dicevo, alla scuola accedano solo o idealisti sfigati, almeno così appaiono ai ragazzi, o il ceto intellettuale femminile che notoriamente è meno retribuito, signore sposate che integrano con il magro stipendio quello più consistente del marito. Abbiamo dunque un corpo docente demotivato, frustrato e fannullone che tira a campare e non ha nemmeno i mezzi per aggiornarsi, viaggiare e per arrivare adeguatamente a fine mese  mantenendo una famiglia. Un proletariato intellettuale pieno di rabbia che non può avere nessun ascendente sui giovani che è chiamato ad educare e se non si ha la stima e il rispetto del discente non c'è arte maieutica che tenga.  Personalmente quando ho assistito a questo degrado, peggiorato se possibile negli ultimi vent'anni, nonostante i miei ascendenti me ne sono andato occupandomi di educazione e formazione attraverso  l'Istituto Uomo e Ambiente da me fondato.   Stante così la situazione questo Renzi, novello Giamburrasca, ci propone la riforma dei presidi che diventano managers in erba e distribuiscono soldi, udite udite il 5% in più sullo stpendio dei più meritevoli che se non erro sarebbero su 1500 euro 75. Vi immaginate la competizione per accaparrarsi il malloppone! E la chiamano riforma della Buona Scuola. Cambiano i nomi ma non cambia la sostanza: la scuola italiana di Stato è la matrice di tutto il malessere generazionale al quale assistiamo in una secietà senza padri, per citare lo psichiatra Vittorino Andreoli.